Intervista allo showman Manlio Dovì, personaggio nazionale e protagonista di trasmissioni storiche come il Bagaglino.
Ciao Manlio, innanzitutto come stai?
In un periodo come quello che stiamo passando, si fa molta attenzione a dire di sentirsi bene, al minimo sintomo di raffreddamento, presi dall’isteria collettiva, subito si pensa al Covid. Stranamente però, essendo io un “quasi” ipocondriaco, posso dire con una certa tranquillità di stare bene.
Come hai vissuto, e come stai vivendo questo periodo caratterizzato da questa brutta pandemia?
La prima ondata l’ho passata quasi interamente in Sicilia, a casa di mia madre che è una giovane ultranovantenne, e proprio per questo motivo, ho evitato di incontrare i miei cari amici dell’adolescenza. Mi hanno aiutato molto i miei hobby (chitarra compresa) e la collaborazione telefonica con il mio autore di sempre Antonio Di Stefano.
A che età è nato Manlio Dovì artista?
Probabilmente, un po’ come tutti, tra i banchi di scuola, dove i primi “sostenitori” sono stati i compagni di classe, che infatti mi chiedevano sempre di farli divertire con le imitazioni dei professori e con i rumori. Ma devo dire, senza ombra di dubbio, che il vero inizio è stato quello radiofonico, nella Rai regionale di allora, nell’antica sede di Via Cerda.
Hai avuto un mentore?
In primis Pippo Baudo, che dopo i duri ed innumerevoli provini di Fantastico 7 mi volle nella squadra delle nuove proposte, e poi Pingitore che mi portò nel gruppo del Bagaglino, capitanato da Oreste Lionello. Ed è stato lì, infatti che mi sono “fatto le ossa”, unendo pratica e teoria per circa ventinove anni.
Come hai vissuto gli anni splendidi del Bagaglino? Qualche aneddoto di quei tempi?
In maniera totalizzante, era un vero tour de force che mi ha permesso di realizzare il mio sogno a discapito della cosiddetta vita privata, ma si sa che, se si sente fin da piccoli il “sacro fuoco dell’arte”, si è disposti a sacrificare tutto il resto. Avrei tanti aneddoti da raccontare ma è difficile descriverli in poche righe; sicuramente le improvvisazioni mie e di Oreste Lionello quando, a causa della brevità dei tempi di memorizzazione dettata dai ritmi velocissimi della TV, eravamo costretti ad andare in scena
Quando hai vissuto a Roma, il tuo legame con la Sicilia è rimasto sempre solido?
Io vivo tutt’ora anche a Roma e la Sicilia per me è come un cordone ombelicale mai tagliato. Inoltre, oltre alla mia terra, ho sempre avuto un rapporto con la mia famiglia molto stretto (come insegnava Sciascia). L’inverno lo passavo a Roma, e poi in primavera di corsa in Sicilia, dove ho sempre unito l’utile al dilettevole, e cioè mare e spettacoli a gogò. E poi, oltre a tutto quello che è stato scritto da tantissimi letterati sulla Sicilia, un siciliano non dimentica mai la sua terra!
C’è qualcosa in particolare che ti piace della Sicilia?
L’aria leggera della primavera, il profumo dei gelsomini, il colore del mare di San Vito lo Capo, il sapore dei mandarini, fichi e ficurinnia, i vicoletti dei paesini dell’Etna, la Favorita alberata che porta a Mondello, il Teatro antico di Taormina, a pasta ca’ muddica di mamma, panzerotti e iris con crema di Catania, la pignolata di Messina, devo continuare?
Negli ultimi anni ti abbiamo visto a Tale e Quale show, che esperienza è stata?
Senz’altro è stata importante e mi ha riportato in prima serata su Raiuno, proprio da dove sono partito. Io però non amo più i trucchi, le gare e tantomeno le giurie, poiché l’arte, ammesso che ci sia, non può essere giudicata con dei numeri. Puoi preferire un genere piuttosto che un altro ma come si fa a dare un voto ad un Manet e ad un Gauguin, come ad un gol su punizione di Del Piero o ad un dribbling di Messi? Quando imitavo un personaggio, non pensavo pedissequamente alla sola imitazione, bensì alla sua caricatura, ed a quello che noi siciliani chiamiamo “abbuffuniare”, come lo Zanni veneto e tutta la commedia dell’Arte.
Qual è il segreto della tua comicità e della comicità in generale?
Fin da piccolo, quello che mi colpiva degli attori era la naturalezza, la padronanza, la simpatia, la mancanza di volgarità, i tempi di recitazione, le pause, le espressioni del volto e con tutti questi parametri ho cercato di costruire uno stile ed un repertorio. Certo ci sono voluti anni per acquisire una certa sicurezza sul palco e controllare le emozioni e, soprattutto in questo campo, non si finisce mai di imparare. Gassmann ricordava sempre ai suoi allievi prima che si aprisse il sipario: “Stasera andate in scena come se fosse l’ultima recita”. E cioè: “Date tutto!”
La comicità cambia con il passare del tempo?
Assolutamente sì, come del resto tutto intorno a noi. Rivedresti oggi un comico che faccia ridere muovendosi come Charlot ai tempi del cinema muto? O monologhisti come Bramieri o Aldo Fabrizi che si dilungano per un’ora su un argomento quando oggi sul web e sui social si fanno scenette in pochi secondi?
La cosa più difficile per un comico? (Oltre far ridere) Tenere alta la tensione e l’attenzione. Se si trova a teatro deve cambiare ritmo ed argomenti, mentre in TV dovrà essere breve ed incisivo, e soprattutto stabilire un contatto immediato con il pubblico, fondamentale!
Il collega – con il quale hai lavorato – che stimi maggiormente?
Con Oreste Lionello ho imparato tanto, se non tutto. Mi ha insegnato l’ABC del palcoscenico, è stato maestro sul palco e di vita. Ma tanti sono stati gli attori e attrici con i quali ho condiviso il palcoscenico. Marchetti, Iannuzzo, Nanfa, Caizzi, Conti, Frizzi. Quest’ultimo poi era di una semplicità e generosità senza pari.
Quale progetto lavorativo ti vedrà protagonista in questo prossimo futuro?
Una piece teatrale che ho già sperimentato (prima del blocco-pandemia) insieme a Patrizia Pellegrino, con la quale ho debuttato a Roma al teatro Manzoni, e che porta il titolo: “La stranissima coppia”.La storia descrive le difficoltà che si incontrano quando due cinquantenni provano a stabilire un rapporto, rimettendosi in gioco dopo due matrimoni fallimentari. Riso-amaro che però mi dà anche l’occasione di “giocare” con i miei gramelot per mettermi in mostra con la corteggiata.
Un consiglio a tutti i giovani che vogliono fare gli attori comici.
Non arrendersi mai, sacrificare tantissimo tempo per la formazione e le esperienze, faccia tosta, originalità e soprattutto tanta fortuna, o, se preferite, tanto cu… quello ci vuole sempre!